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domenica 9 maggio 2010

sfida alla morte - il video francese

Sfida alla morte

Una volta il foulard veniva utilizzato per giocare a bandiera. Ora la sfida è cambiata: è a chi si strangola meglio. Arriva in Italia da Oltralpe l’ultima moda dei giochi estremi e delle emozioni forti. In Francia sarebbero circa 1 milione i “praticanti”, tutti di età compresa tra i 7 e i 17 anni. E solo nell’ultimo anno si contano 13 morti accertati.
Le regole del gioco sono semplici: ci si mette tutti in cerchio e ognuno cerca di stringere più forte degli altri, fino a perdere il respiro e i sensi. L’allarme arriva da Milano, al termine della presentazione del primo percorso a premi per smettere di fumare e imparare a bere in modo responsabile. «In occasione di un importante progetto dedicato ai giovani ho ritenuto importante sollevare il velo su un gioco già diffuso negli USA, in Gran Bretagna e in Francia, dove è noto come “jeu du foulard”, il gioco del foulard», dice Gianpaolo Landi di Chiavenna, assessore alla Salute del capoluogo lombardo. «Li chiamano shocking duels e consistono nell’arrivare al soffocamento, anche tramite terzi, mentre qualcuno riprende con una telecamera o webcam. La persona alla fine cade e le conseguenze possono essere diverse: nel migliore dei casi si riprende, altre volte si possono riscontrare dei deficit permanenti al cervello. L’ultima ipotesi è la morte. Si parla di 13 vittime, ma non è chiaro se il numero è corretto, perché alcuni casi potrebbero essere stati classificati come tentati suicidi».
Paura, adrenalina, un gioco che può sfuggire di mano. In Gran Bretagna è noto come “Space Monkey” e “Funcky Chicken”, i video che riprendono le imprese di ragazzi e bambini coinvolti si diffondono nel solito tam tam mediatico, tra file condivisi e mail inoltrate. «Questa era una pratica utilizzata dalle coppie che praticavano sesso estremo - spiega Landi di Chiavenna-. Nel momento dell’apice del piacere avveniva lo strangolamento. Insomma, rientrava nelle pratiche sadomaso. Adesso inizia a diffondersi anche in Italia tra i ragazzi ed è bene che i genitori siano al corrente di queste pratiche che se dovessero prendere piede sarebbero fuori controllo. Su internet i ragazzi possono accedere a qualsiasi tipo di contenuto».
I dati raccolti in Francia non sono rassicuranti. Si parla di circa un milione di ragazzi e ragazze che hanno sperimentato almeno una volta il gioco dello strangolamento. Gli esperti sono preoccupati. Questa nuova sfida alla vita potrebbe rientrare nelle prove d’ingresso delle band giovanili. «Non si esclude che alcuni casi di morti giovanili o tentati suicidi facessero già parte di questi episodi», sottolinea l’assessore milanese. «È il caso di discuterne e parlarne. Si tratta di rispettare i limiti relativi ai criteri della salute. I ragazzini hanno perso il controllo. Bisogna mettere a fuoco i disturbi del comportamento, le motivazioni dietro questo fenomeno per capire il disagio e trovare delle soluzioni, dei nuovi orientamenti operativi per migliorare il rapporto dei giovani con la società».

Scritto per libero del 27.04.2010

giovedì 29 aprile 2010

ADOZIONI E RAZZISMO



Basta alle coppie che al momento dell’adozione richiedono bambini indicando preferenze di etnia o di pelle. Il severo “No” arriva dalla procura della Cassazione, sollecitata da un esposto dell’associazione Amici dei bambini. Il parere è stato espresso innanzi alle Sezioni Unite che dovranno prendere al più presto una decisione in materia. Ma in un Paese come l’Italia che adotta sempre più bambini stranieri - in media 4mila all’anno- questa decisione rischia di gettare i genitori in lista d’attesa nel panico.
Il casus belli arriva da Catania. Qui il Tribunale aveva accettato l’istanza di una coppia che aveva sì dato «la massima disponibilità all'accoglienza fino a due bambini, di età non superiore ai 5 anni senza distinzione di sesso e religione» ma si era dichiarata «non disponibile ad accogliere bambini di pelle scura o diversa da quella tipica europea o in condizione di ritardo evolutivo». È a questo punto che Amici dei Bambini ha posto il suo veto morale. Secondo l’AiBi, che dal 1986 si dedica all’universo delle famiglie affidatarie e ai diritti dei bambini, consentire alle coppie di scegliere il colore della pelle dei bambini viola numerose convenzioni internazionali e il principio di uguaglianza stabilito dalla nostra Costituzione.
Nell’anno appena trascorso sono stati adottati complessivamente 3.964 minori stranieri. Le coppie adottanti sono 3.082. L’Italia si conferma dunque leader sul piano internazionale, seconda soltanto agli USA. Lo dice il rapporto annuale della Cai, Commissione per le adozioni internazionali. Se ne contano circa 4mila all’anno, che però non soddisfano tutte le domande. Il luogo di origine delle adozioni è per il 60% un Paese straniero. Il principale Stato è la Federazione Russa, con 704 adozioni nel 2009, seguita da Ucraina (540), Colombia (444), Etiopia (346) e Brasile (329). In crescita le adozioni al centro-nord, ma i maggiori incrementi sono nel Meridione, in particolare in Calabria, Puglia e Campania. Il 2009, inoltre, ha visto per la prima volta l’ingresso di 23 minori provenienti dalla Cina.
Dall’analisi degli ultimi dieci anni, la regione con il maggior numero di coppie adottanti è la Lombardia, con 4.664 coniugi di età compresa fra i 30 e i 59 anni. Segue il Veneto a quota 2.459 e la Toscana con 2.065. Seguono il Lazio con 1947 coppie e la Campania, in cima alle regioni meridionali con 1.416. I valori dell’ultimo anno, tuttavia, rilevano un aumento notevole delle adozioni al Sud. Qui si è passati complessivamente da 784 coppie adottanti del 2008 a 868 nel 2009.
Per ognuno di questi bambini l’Italia stipula e rinnova periodicamente accordi internazionali che tutelino i minori e i futuri genitori. Per l'Aibi «la dichiarazione “mercantile” delle coppie , come quella catanese, avallata dalla decisione del tribunale, contrasta con il principio del miglior interesse del minore e rivela semplicemente una mancanza di requisiti necessari negli aspiranti genitori».
La procura della Cassazione, con il parere emesso ieri, ha accolto la tesi dell’AiBi, sostenendo che le coppie che chiedono i bambini non possono non dirsi disponibili ad accogliere quelli di pelle nera o comunque di etnia non europea. Il procuratore generale Aurelio Golia ha parlato davanti alle sezioni unite civili della Suprema Corte, che si dovranno pronunciare in merito al più presto.
Il caso di Catania è emblematico di una prassi che si ripete quotidianamente nei tribunali italiani. Le conferme arrivano da più parti. Lo ricorda, ad esempio, Linda Marmetto, segretaria di Cifa onlus, segnalando la dichiarazione di una madre o aspirante tale, che ha dichiarato: «La pelle scura è un handicap per il bambino. Quando esce da scuola e la gente fa domande io non so cosa rispondere. Non per me, ma per lui. Meglio zoppo che nero. Cerchiamo di non andarcela a cercare, così sarebbe un problema in meno». Nella loro relazione che accompagnava il decreto di adozione della coppia, i tecnici riferiscono che la coppia sostiene di non sentirsi in grado di mediare l’integrazione di un bambino di colore. «Abbiamo spiegato che quella loro condizione era un problema innanzitutto di principi etici del nostro ente, perché noi riteniamo che adozione significhi accoglienza di qualsiasi diversità, che sia razziale piuttosto che culturale o di etnia», ha detto Marmetto. «Poi li abbiamo avvertiti che un'autorità straniera che ricevesse una relazione di questo tipo non accoglierebbe bene la loro richiesta, che perciò rischiava di non andare a buon fine. Abbiamo quindi rifiutato l'incarico. Se non riesci ad accettare il fatto che un'adozione significa accogliere la diversità, non puoi e non devi adottare».
La questione razziale incombe pesantemente sui tribunali competenti. E se la sentenza prossima delle Sezioni Unite non potranno comunque annullare la “patente” di genitori adottivi della coppia di Catania, forse riusciranno a stabilire un indirizzo certo ai giudici che si troveranno in dubbio, d’ora in poi, se accogliere o meno richieste di adozioni subordinate ad indicazioni razziali.

Pubblicato in parte quasi integrale su Libero del 29.04.2010

giovedì 1 aprile 2010

Cuore di Cicogna

Lei, ferita da un cacciatore, non vola
Lui fa 13mila chilometri per vederla

L’amore non ha confini. Deve avere pensato così il romantico Rodan, che dal Sudafrica ha percorso 13mila chilometri per raggiungere l’amata Malena, che vive in Croazia. Lei è invalida e non può percorrere grandi distanze. Ma non si tratta di due innamorati qualsiasi, bensì di due cicogne che hanno fatto commuovere tutto il mondo, perfino i più cinici.
Sembra una commedia d’altri tempi. Ogni anno lui, puntuale per l’inizio della primavera, torna da lei, che non può più volare a causa di una vecchia ferita. Alcuni cacciatori nel 1993 l’avevano colpita a un’ala e da allora non può più volare. Figuriamoci percorrere una distanza come la traversata transoceanica. Un handicap che non l’ha però fermata dal conoscere Rodan, innamorarsi e accoppiarsi con lui.
Così Malena rimane nel loro nido d’amore in un villaggio della Croazia orientale, Brodski Varos. «È il quinto anno consecutivo che Rodan torna da Malena», ha spiegato alla stampa Stjepan Vokic, il biologo che si prende cura della cicogna. L’uomo racconta che negli altri nidi le cicogne femmine stiano ancora aspettando i loro amati, che giungeranno con calma entro cinque o sei giorni, mentre Rodan è sempre il primo ad arrivare. Come nelle più belle storie d’amore la voce si è diffusa. E quest’anno ad accogliere Rodan non c’era solo la dolce consorte: c’erano anche i fotografi che, forse stanchi di inseguire gli umori altalenanti di George Clooney ed Elisabetta Canalis o di Brad e Angelina, hanno deciso di immortalare un momento autentico e unico nel suo genere.
Come in ogni fiaba che si rispetti, tra due mesi nel nido staranno tutti un po’ più stretti perché arriveranno quattro o cinque baby cicogne. E Malena, per la quinta stagione consecutiva, si godrà lo spettacolo della sua famiglia “moderna” in cui sarà papà Rodan a insegnare ai piccoli a volare.
Ma non si illudano, questi piccioncini della Croazia non sono gli unici paladini dell’amore. Lo scorso San Valentino a Treviso è nato un nuovo amore tra cigni, noti per essere i più fedeli del regno animale. Dopo la morte della vecchia compagna, il cigno del parco di una nota villa sembrava destinato a spegnersi, rifiutava persino di mangiare. Ma l’arrivo di una nuova femmina da un centro di Modena l’ha riportato alla vita, facendogli di nuovo battere il cuore per una love story che durerà per sempre.
Tra gli amici a quattro zampe la corona di Brave Heart va a Otto, cane randagio che, dopo essere stato adottato da una famiglia di Nizza Monferrato, nel dicembre 2007 ha abbandonato la nuova cuccia, attraversato le montagne e scavato la terra per tornare al canile dalla sua amata Marta, la cagnolina che gli aveva rubato il cuore. E come in Lilly e il Vagabondo da allora è stato impossibile separarli.
Della serie l’amore vince su tutto, si pensi alla tartaruga Arava, arrivata allo zoo di Gerusalemme nell’estate 2008 con le zampe posteriori paralizzate. Lo staff del centro le ha costruito una sorta di uno skateboard per muoversi che ha attirato l’attenzione di un maschietto di tartaruga. E’ stato amore a prima vista. Com’è finita? E vissero sempre felici e contenti.

Da: Libero del 1 aprile 2010

martedì 30 marzo 2010

Il patentino

Aria di tempesta a Londra e dintorni. Pomo della discordia gli amici a quattro zampe, così amati dai sudditi di sua maestà. Da ieri sui giornali campeggiano titoli come “Il regno unito impedisce ai poveri di avere un cane”. Un gran polverone, suscitato dalla discussione in corso al Defra, Department for Environment, Farming and Rural Affairs, il corrispettivo del nostro Ministero dell’Ambiente e tutela del territorio, per introdurre uno speciale patentino per i padroni di cani pericolosi. Una misura che reintrodurrebbe e aggraverebbe una licenza abolita nel 1987 in nome della libertà di avere un animale domestico. Un vero must nelle case inglesi. E se si pensa che il simbolo del Regno Unito è un bull dog, si comprende meglio la bufera in corso.
Impossibile però, anche all’interno dei confini britannici, trascurare gli episodi di aggressioni ai danni di alcuni cittadini da parte di cani di grossa taglia. E allora ecco persino i patriottici deputati all’ombra del Big Ben guardare alle recenti legislazioni europee. Si discute di microchip obbligatorio, di un’assicurazione aggiuntiva per le razze pericolose, di corsi e addirittura di un possibile test per i futuri padroni. Che tra l’altro sembrano estremamente preoccupati per le proprie tasche, visto che si troveranno a dover pagare il privilegio di tenere Fuffi con sé.
La nuova legislazione italiana è entrata in vigore alla fine di gennaio. Il provvedimento firmato dal Ministro dell’Ambiente Francesca Martini introduce un “patentino” per chiunque abbia un cucciolo dichiarato “a rischio elevato”. Una misura salutata con favore dalle principali associazioni animaliste. “Consideriamo questo un provvedimento fondamentale - ha commentato la presidente Enpa, Carla Rocchi- poiché mette al primo posto l’assunzione di responsabilità dei proprietari, uscendo così dalla vecchia logica della demonizzazione di alcune razze che non ha evitato un solo episodio di morsicatura”. Ma c’è anche chi chiede maggiore severità: “Non sono i cani a essere pericolosi, ma i padroni a essere indisciplinati”, afferma Lorenzo Croce, presidente AIDAA, Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente, che bacchetta e sollecita gli amministratori italiani: “Nessuno sta facendo i corsi di formazione per padroni e animali previsti dal decreto Martini dell’estate scorsa”.
Dalle pagine del quotidiano Observer si auspica per lo meno una modifica dell’Atto sulla materia ormai vecchio di 20 anni, così da responsabilizzare i proprietari di cani. “Sarebbe comunque una consolazione - si legge - nel caso vostro figlio fosse morso, se ricevesse un’assistenza finanziaria per affrontare il problema”. E le proposte non mancano neanche da noi. “Il patentino va bene per le persone normali - aggiunge Croce-. Io proibirei la custodia di cani a persone come gli zingari, i tossicodipendenti e gli alcolisti conclamati, oltre a chi è pregiudicato sia per reati contro gli animali sia per reati violenti. Spesso i cani sono usati solo per chiedere l’elemosina! Faremo presto una proposta in questo senso al Ministro Martini, perché oltre il 60% dei crimini come furti, rapine in cui sono coinvolti i cani sono compiuti da queste persone”.
Responsabilità, microchip, corsi preparatori. Per una volta italiani e inglesi sembrano essere d’accordo. Purché il dibattito, a furia di domandarsi chi sia più cattivo, se l’animale o il padrone, non si riveli il solito cane che si morde la coda.

lunedì 29 marzo 2010

L'esorcismo canino

Ululati nelle notti gelide d’inverno. Latrati strazianti che tengono svegli gli abitanti di Pregnana Milanese. Gli abitanti del quartiere non hanno dubbi: è il fantasma del cane Fufi, morto sotto le bombe il 19 aprile 1945. Dopo anni di lamenti e guaiti il Tribunale degli Animali di AIDAA è giunto a una decisione irremovibile: bisogna fare una seduta spiritica per evocare il fantasma a quattro zampe.
La singolare sentenza è stata emessa il 15 marzo. “Abbiamo deciso così perché ci sono arrivate decine di segnalazioni”, dice Lorenzo Croce, presidente AIDAA. “Abbiamo già avvisato la medium, che è una nostra socia, arriva da Lecco quindi dobbiamo ancora stabilire l’orario esatto dell’evocazione”. La data è fissata: 19 aprile, anniversario della morte di Fufi.
In base alle ricostruzioni, “nel 1945, a una settimana dalla la fine della guerra - racconta Croce - lanciarono una bomba che uccise sette bambini e un cane”. Quest’ultimo era un bellissimo meticcio rosso e viveva in uno dei cortili colpito dai bombardamenti. Alcuni anni fa il cortile fu abbattuto per fa posto ad alcune palazzine e alla nuova piazza I Maggio. Da allora in più di un’occasione sono echeggiati i lamenti notturni del cane, quasi a volersi lamentare del fatto che il vecchio cortile dove egli trovò la morte sia stato abbattuto.
A far rabbrividire ulteriormente sarebbe il fatto che i guaiti non si sentono sempre, ma soltanto nelle notti invernali senza luna. Per questo è stata stabilita la convocazione della prima seduta spiritica per evocare il fantasma del cane. La medium ingaggiata avrà proprio il compito di verificare se i latrati di cui si lamentano i cittadini sono originati dallo spirito oppure se non siano latrati occasionali di altri cani che vivono nella zona.
“Lo faremo nella piazza interessata, davanti a tutti - dichiara Croce-. Ovviamente è una cosa goliardica. La storia dei fantasmi è vera, si tramanda da 65 anni perché quella bomba ha fatto delle vittime. Però il messaggio che vogliamo far passare è che è inutile evocare gli spiriti e attribuire loro la colpa, quando spesso sono i padroni che devono imparare. La verità è che sicuramente esiste più di un padrone disattento che non rispetta né il benessere dell’animale né chi vive nella zona. Da quando hanno costruito le palazzine nuove intorno alla nuova piazza il vento porta di più la voce, amplifica gli effetti sonori”. Insomma, se la seduta della medium non riuscirà a scovare il fantasma incavolato, almeno darà una bella lezione al padrone indisciplinato.